Benefattore senza beneficenza

Il digital divide a livello mondiale è uno dei problemi forse più pressanti per il futuro, perchè oltre la fame, sete e malattie quello che lascia poveri i paesi che già lo sono, aumentando il divario con i cosiddetti “ricchi”, è essere lasciati fuori dalla cultura, quindi dallo informatico che da una ventina di anni sta permeando sempre più la nostra vita di occidentali.
Qualcuno si è reso conto da tempo che non solo è utile ma è auspicabile, se non necessario, cercare di dotare i paesi del terzo mondo di Pc, per quanto più possiibile adeguati alle loro scarse risorse.

Non è certo saggio dar loro esattamente i nostri “mostri” da 700-800-1000 Euro, che mangiano 500 watt e oltre. Molti, come i nostri amici del GOLEM di Empoli sono impegnati in progetti di Trashware, cioè recuparo in vecchi computer che la gente dismette in quantità, ripulitura, riadattamento, istallazione di e spedizione in quelle realtà che ne hanno bisogno, in Italia e all’estero.

Un altro, Nicholas Negroponte, co-fondatore del Media Lab al MIT di Boston (insomma un signor Nessuno…) insieme a e altri sta portando avanti un progetto ambizioso di fornire a partire dal 2007 un nuovo Pc a ogni bambino povero, attraverso i governi e le scuole, che sia adeguato al suo mondo e il più facile possibile da usare e mantenere. Tale computer, portatile, dovrebbe costare non più di 100 dollari, ed essere fornito di un AMD da 500 MHz, 1Gb di memoria e uno schermo duale bianco/nero e colore.
Ovviamente per contenere il costo, il sistema operativo prescelto non può che essere Linux, nello specifico Redhat, visto che un con Office sopra, dubitando che possano bastare 500 MHz per funzionare decentemente, costerebbe solo di software diverse volte di più.

Tutto questo progetto, quest’alleanza ha scatenato le ire scomposte dell’uomo pià ricco del mondo, che in un convegno qualche giorno fa ha deriso e criticato aspramente il “computer a manovella” (infatti è possibile una tale dotazione per generare la necessaria elettricità),
Oltre all’evidente livore che mr. Bill G ha per il sempre più diretto rivale e per questa scelta che di fatto toglie alla sua multinazionale dei guadagni presenti e futuri (chi spende non smetterà mai di sprecare denaro, a meno di cambiare sistema), il fatto che può sorprendere di più coloro che lo hanno visto sulla copertina di Time (non di certo noialtri che da anni ci siamo svincolati dal suo monopolio mangiasoldi) è che lui su quella rivista ci è finito non come semplice miliardario, ma come “benefattore”.
Diciamo che l’abitudine di donare una (piccola) parte dei suoi averi in beneficenza è certamente lodevole, ma questa uscita piuttosto plateale dimostra anche ai più, diciamo, “fiduciosi” certi motivi di fondo che almeno non colgono impreparati noi.

Come si può fare beneficenza e contemporaneamente contestare un progetto dal costo 5-10 volte inferiore del proprio, destinato alla stessa gente delle sue donazioni? Semplice: quando ci si aspetta e si fa in modo che quello che si da ci torni in tasca con gli interessi!
Ed è proprio quello che il suo software, e ora pure il suo hardware, gli permetterebbero di fare, perchè sappiamo tutti quante spese accessorie di e hardware sovrabbondante richiedano i suoi prodotti.
Ciò mi ricorda un po’ le strategie di altre multinazionali molto poco etiche, come quella che è sotto boicottaggio perchè regala il proprio (costosissimo) latte in polvere alle madri dei paesi poveri, per poi indurre una dipendenza che strangola le famiglie e non fa nutrire i bimbi con l’alimento migliore che esista. Senza contare che, per chi non lo sapesse, il latte ottenuto dalla polvere con la loro acqua non proprio batteriologicamente pura uccide tanti bambini, tanto che l’UNICEF e OMS lo hanno esplicitamente proibito, senza successo.

Certo un loro Pc non uccide, ma sicuramente costa molto più denaro che quello di Negroponte. E allora la beneficenza di facciata diventa uno specchietto per le allodole per chi non sa o forse non ragiona a sufficienza e con sguardo incantato crede ancora ai bei sorrisi d’oro.
Ma almeno noi non ci crediamo più da tempo, e in fondo non ci abbiamo mai creduto. Occhi aperti e disincanto…

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